L'evoluzione del Preposto: tra obbligo normativo e centralità operativa

Il panorama della sicurezza sul lavoro in Italia ha subito negli ultimi anni una trasformazione profonda, spostando l'asse dell'attenzione dalla semplice conformità burocratica a una gestione dinamica e partecipativa del rischio. In questo contesto, la figura del preposto emerge come un pilastro insostituibile, configurandosi come un ruolo centrale di responsabilità all'interno delle organizzazioni aziendali. Tale figura non deve essere interpretata come un mero adempimento formale, bensì come un supporto operativo essenziale per l'intera gerarchia della prevenzione, fungendo da raccordo funzionale tra il datore di lavoro, i dirigenti e i lavoratori. Il preposto rappresenta, infatti, una garanzia tangibile di sicurezza, agendo come l'anello di congiunzione necessario tra le direttive strategiche elaborate dai vertici aziendali e la loro effettiva applicazione pratica e quotidiana sul campo. Egli è la figura che trasforma la teoria della prevenzione in prassi operativa, assicurando che le misure di prevenzione e protezione non restino confinate nei documenti, ma diventino parte integrante dell'agire lavorativo.
L'importanza di questo ruolo è stata ulteriormente cristallizzata e rafforzata dai recenti interventi legislativi, in particolare dalle novità introdotte dalla Legge n. 215 del 2021, che ha profondamente emendato il Decreto Legislativo 81/2008. Secondo questo rinnovato quadro normativo, l'individuazione formale del preposto è diventata una responsabilità inderogabile per i datori di lavoro e i dirigenti, i quali sono tenuti a garantire che tale figura possieda le competenze professionali indispensabili per lo svolgimento dell'incarico; data la complessità e la rilevanza strategica di tale adempimento, l'analisi dei criteri e delle metodologie ottimali per l'individuazione del preposto sarà oggetto di una specifica e separata trattazione scientifica. Questa evoluzione normativa non si limita a richiedere un incarico, ma impone una riflessione qualitativa sulla scelta della persona, spostando l'attenzione verso la capacità effettiva di supervisione e vigilanza. La legislazione attuale mira a superare una visione passiva della sicurezza, promuovendo una figura che sia realmente in grado di incidere sul comportamento dei lavoratori e sulla gestione dei rischi specifici di ogni attività.
Un punto nodale della riflessione scientifica e giurisprudenziale riguarda il superamento dell'equivoco che spesso sovrappone il concetto di esperienza a quello di competenza. All'interno delle realtà aziendali, si tende frequentemente a ritenere che l'anzianità di servizio coincida automaticamente con una preparazione adeguata per ricoprire ruoli di responsabilità nella sicurezza, nell'igiene e nella salute sul lavoro. Tuttavia, la competenza professionale del preposto non può essere dedotta esclusivamente dal tempo trascorso in azienda. Sebbene una lunga permanenza possa offrire una conoscenza approfondita delle prassi operative, essa non garantisce che l'individuo sia realmente idoneo a interpretare e applicare le normative vigenti, le nuove tecnologie introdotte nei processi produttivi e/o "le disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro" (Art. 19 comma 1 lettera a D. Lgs. 81/2008). La giurisprudenza, a tal proposito, sottolinea costantemente come la scelta del preposto debba basarsi su criteri di competenza comprovata, poiché l'esperienza, se non supportata da una formazione specifica e aggiornata, può persino tradursi nel consolidamento di prassi operative scorrette o non conformi agli standard di sicurezza attuali.
Il preposto opera, dunque, come un garante sistematico della sicurezza e della protezione, promuovendo l'applicazione costante delle normative all'interno di un sistema strutturato. Per assolvere a questo compito, è indispensabile che le sue responsabilità siano chiaramente definite, evitando che egli agisca come un supervisore generico o, peggio, come una sorta di "jolly" incaricato di vigilare su attività multiple e eterogenee senza una preparazione specifica. La specializzazione delle competenze è un requisito fondamentale: un preposto deve possedere una conoscenza organizzativa e tecnica profonda. Senza questa base, la sua azione di vigilanza risulterebbe inefficace, poiché non sarebbe in grado di riconoscere comportamenti non conformi o malfunzionamenti delle attrezzature. Di conseguenza, la formazione del preposto deve essere intesa come un percorso continuo e trasformativo, capace di integrare nozioni giuridiche, competenze tecniche e abilità pratiche.
Oltre alla dimensione tecnica, il preposto riveste un ruolo cruciale nella gestione dei flussi informativi aziendali, fungendo da "ponte" bidirezionale. Da un lato, egli riceve e organizza le segnalazioni provenienti dai lavoratori, i quali devono poter comunicare ogni pericolo o anomalia senza timori e attraverso sistemi strutturati che evitino la perdita di informazioni critiche. Dall'altro lato, il preposto ha l'obbligo normativo di segnalare tempestivamente alla dirigenza qualsiasi problematica riscontrata, assicurando che le criticità operative arrivino ai vertici decisionali per una risoluzione rapida ed efficace. Questo sistema di comunicazione formale, che supera la semplice interazione verbale, è essenziale per garantire la tracciabilità degli interventi e la corretta prioritizzazione delle azioni correttive.
